Storia del Taekwon-do e di Lorenzo
Storia del Taekwon-do e di Lorenzo
Il taekwondo è un’arte marziale coreana che è stata pienamente formalizzata fra gli anni ’40 e ’50 ad opera del generale Choi Hong Hi (artista marziale sudcoreano, maestro 9º dan Taekwondo, e 2º dan Karate Shotokan vedi Wikipedia), ma le cui radici sono molto più antiche, ed affondano nella storia della penisola coreana, fino al 500 d.C. circa, periodo in cui nacque la casta guerriera degli Hwarang.
Il Taekwondo si basa sull’uso di tecniche di calcio e pugno molto spettacolari, razionali ed efficaci, ma combina tecniche volte alla difesa personale, all’agonismo, ma anche e soprattutto all’esercizio fisico, alla filosofia ed alla meditazione.
Attorno alla metà degli anni ’60 la nostra disciplina, per volere del gen. Choi e dei suoi allievi diretti, approda in Europa, in Germania prima, grazie al lavoro del gran maestro Kwon, e circa una decina di anni dopo in Austria, ad opera del gran maestro Son.
E fu proprio presso quest’ultimo che si recò il gran maestro Drexler al fine di apprendere il Taekwondo. A circa 30 anni da allora il maestro Drexler è diventato il caposcuola di una rete di scuole sparse sul territorio friulano che conservano come punto di riferimento centrale il dojang di viale Palmanova ad Udine.
Vantaggi e fini nella pratica del Taekwon-do
Si narra che i movimenti del Taekwon-do siano stati concepiti avendo come scopo principale non l’autodifesa, bensì la salute e l’armonia del corpo e della mente. Sono ancora questi gli scopi che la Scuola Drexler persegue attraverso la pratica dell’arte marziale. L’arte è costituita da movimenti completi, ampi e circolari: tutto nel Taekwon-do è circolare, i colpi e le parate vengono effettuati con movimenti di rotazione ed i gesti sono perfettamente codificati, con un inizio ed una fine. Come i cicli ampi e ripetuti della natura, l’allievo durante gli allenamenti ha occasione di ripetere e perfezionare il gesto atletico; quando il gesto atletico è interiorizzato dalla persona, diventa meditazione in movimento.
Iniziando un corso di Taekwondo è necessario essere consapevoli di andare incontro ad un metodo che probabilmente è del tutto diverso da quello a cui si è stati finora abituati. La disciplina, il rispetto, la concentrazione sono solo alcuni degli elementi richiesti all’allievo durante l’allenamento del Taekwon do: il Dojang (la palestra) diventa così un luogo protetto dove esercitarsi, meditare e crescere.
Nella nostra scuola si impegnano e sudano fianco a fianco ragazzi e adulti di varie età con storie diverse, che vivono differenti momenti della vita, nello spirito di rispetto e stima reciproca che contraddistingue la nostra scuola. Il nostro obiettivo prioritario è aiutare a crescere grandi uomini e donne del futuro, poiché il Taekwon do chiede a ciascuno di combattere contro sé stesso per superare i propri limiti, combattere le proprie insicurezze, trovando ciò che di meglio c’è in ognuno di noi, accompagnando il cambiamento, rispettando tempi e flessibilità del corpo, con gesti che tonifichino, mantengano in forma e creino un equilibrio laddove non ci sia.
La natura
Come rappresentato dal rigoglioso e curato giardino all’ingresso del nostro Dojang, la natura ha un ruolo cardine nella pratica del Taekwon-do. La palestra è costituita da tre semplici elementi: un pavimento rigorosamente di legno, quattro pareti bianche, senza troppi ornamenti se non la bandiera coreana, e un semplice soffitto. A completare questa rappresentazione semplice ed essenziale della natura si trova l’uomo, che di essa costituisce parte integrante.
Anche l’allievo è vestito semplicemente con il Dobok (un abito simile ad un kimono rigorosamente di cotone). Questa semplicità permette all’allievo, durante lo scorrere delle stagioni, di concentrarsi soltanto sul proprio movimento e sull’affiatamento col gruppo, senza distrazioni (quali rumori, colori, o odori). Come spesso ripetuto dal maestro, questo ambiente del dojang è privilegiato ma è possibile allenarsi nel taekwon do in qualsiasi posto: in un bosco, in riva al mare, a casa propria, in una camera d’hotel o anche in uno stanzino di un metro quadro! Dove c’è l’uomo, ci sarà anche la natura.